“Spesso la scuola tende ad espellere”. Abbandono scolastico e lezioni alienanti
Grido di allarme di Giannelli presidente della associazione nazionale Presidi
L’Ufficio di statistica del Ministero dell’istruzione e del merito ha da poco pubblicato uno studio di un decennio per analizzare gli abbandoni scolastici. Il risultato è che la scuola italiana rispetto a questo problema risulta tra le peggiori d’Europa. Sono stati considerati i 600.000 ragazzi che risultavano iscritti in 1^ media a settembre del 2012, prendendo in considerazione gli 8 anni di percorso regolare per conseguire il diploma: 3 anni di medie e 5 di superiori. Fino all’a.s. 2021/22 (considerando perciò anche chi si è presentato in ritardo all’esame). In tutto sono 96.177 coloro che hanno abbandonato gli studi in tale periodo.
Si tratta del 16,5% di quanti erano iscritti in 1^ media nel settembre 2012.
Il dato in Emilia-Romagna a fine a.s. 2021-22 era del 9,3%.
Alla radice dell’abbandono ci sono ragioni economiche, deprivazione sociale e culturale.
Il Sud dell’Italia, contribuisce maggiormente al fenomeno. Inoltre gli studenti maschi tendono ad abbandonare gli studi in numero maggiore rispetto alle compagne (19% contro il 13,7% delle ragazze). Sembra inoltre accertato che chi è andato incontro ad una o più bocciature si candida all’abbandono; il 55% degli abbandoni riguarda coloro che erano in ritardo rispetto agli anni di studio. Gli studenti di origine straniera, di prima o seconda generazione, presentano un tasso di abbandono pari al 40,3%.
Per un esame più strutturato delle cause si segnalano:
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Il capitale socioeconomico e culturale familiare, genere e background migratorio.
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Il contesto: caratteristiche della scuola, preparazione dei docenti e relazione docenti-studenti; influenza del gruppo dei pari.
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Le caratteristiche individuali degli studenti.
Un vero grido di allarme proviene dal presidente dell’Associazione nazionale presidi, che di fronte a questi dati afferma: “Spesso la scuola, anziché recuperare i soggetti più fragili e difficili, tende ad espellerli. Inoltre il Pil di un Paese è fortemente legato al livello d’istruzione della popolazione perché chi ha un livello d’istruzione basso potrà svolgere solo lavori a basso valore aggiunto. L’unico modo per ridurre il fenomeno – aggiunge Giannelli – è rifondare la didattica, dicendo basta alla lezione frontale. Occorre rendere la lezione accattivante, invece molti alunni la vivono come alienante”.
Alcuni esperti in materia spiegano che i ragazzi più a rischio sono quelli che vengono da contesti socio-ambientali con forti povertà educative che impediscono di sviluppare in modo adeguato l’identità e ostacolano la costruzione degli apparati per pensare.
E coloro che abbandonano la scuola che fine fanno? Molti hanno difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro o della socialità e spesso trovano lavori in nero o sottopagati, quando non entrano nei percorsi di devianza e microcriminalità. Vengono in mente le parole di don Milani in Lettera a una professoressa: “La scuola ha un problema solo. I ragazzi che perde”. Da allora sono passati 57 anni.
E a Carpi? Il problema esiste anche se sono attuati da anni progetti finanziati per affrontare tale problema, sia nelle scuole medie che nelle superiori, spesso con finanziamenti e collaborazioni con Associazioni ed Istituzioni del territorio.