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La fame dei giovani. Identità e cibo pane e parole

Al Festival di Pistoia “Dialoghi sull’uomo”

di Valeria Magri

Noi siamo ciò che mangiamo” Ludwig Feuerbach

Si è tenuto a Pistoia dal 24 al 26 maggio la quindicesima edizione di “Dialoghi sull’uomo”, Festival di antropologia del contemporaneo, promosso dalla Fondazione Caript e dal Comune di Pistoia. Tanti gli appuntamenti con studiosi, antropologi, storici, filosofi, scienziati e artisti.

L’argomento dell’edizione di quest’anno è stato “Il cibo”. Che rapporto abbiamo con il cibo? Mangiare, cucinare, produrre cibo sono esperienze sociali e culturali, frutto di scambi, alla base del nostro vivere comune.

La scelta del cibo oggi è indicativa di gusti, ideologie, mode e persino prospettive per il futuro. Ci dividiamo in tribù alimentari: vegetariani, vegani, fruttariani, strenui difensori dell’onnivero, parlare di cibo dunque significa parlare di identità, culture, comunità ed ecologia.” Giulia Cogoli direttrice del Festival.

Il Festival si apre con la conferenza della filosofa e scrittrice Michela Marzano dal titolo: “Di cosa hanno fame oggi i giovani?”

Michela Marzano inizia parlando del suo rapporto con i giovani ed essendo lei anche insegnante, si chiede quale sia la fame dei ragazzi/e: “di che cosa hanno fame oggi i giovani?”.
Secondo la filosofa occorre partire dal presupposto che molti giovani non hanno necessariamente disturbi alimentari ma comunque esprimono un senso di disagio. “L’intendimento – dice la Marzano – non è quello di psicologizzare e psichiatrizzare tutto, i giovani hanno bisogno di molto ma questo non è sinonimo di malattia”. I dati dell’Unicef in Europa parlano di 11 milioni di bambini e ragazzi che soffrono di una qualche forma di disagio, soffrono e aspettano risposte e punti di riferimento. “Partiamo dal presupposto – dice la filosofa – che ciò di cui mancano loro, è ciò di cui manchiamo noi. I ragazzi e le ragazze sono sempre un sintomo della società in cui viviamo, nelle istituzioni, nelle scuole, nelle famiglie ecc.” Marzano afferma che ciò di cui hanno bisogno i giovani è l’ascolto, necessario alla comprensione di chi si è e dove si deve andare. Noi adulti spesso ci lamentiamo perché gli adolescenti non parlano, non raccontano di loro stessi. “I ragazzi tacciono – dice Marzano – perché non c’è ascolto e tutte quelle loro parole ingoiate scavano, il corpo diventa sintomo perché tante parole non riescono ad essere dette, perché non vengono ascoltate. Ascoltare significa aprirsi, accogliere, essere spiazzati. I giovani hanno bisogno di essere accolti come altro rispetto a noi, altro rispetto a quello che noi avremmo voluto che loro fossero. Accogliere l’alterità significa evitare di dare loro delle etichette”. A volte, sostiene la Marzano, può succedere che, come figli, siamo programmati dagli adulti, per colmare, riparare, soddisfare i loro bisogni e carenze. “Quindi diventa importante chiedersi quali sono i bisogni che si cerca di colmare quando si mette al mondo un figlio”. I ragazzi hanno bisogno di cercare la loro strada e ascoltandoli spesso dicono “Io non so chi sono”. In questo loro ci stanno chiedendo non di definirli ma accoglierli come altro da ciò che noi avremmo voluto che loro fossero. C’è un problema di identità che non è qualcosa di statico ma in evoluzione, si trasforma e cambia. I giovani hanno bisogno di autenticità, di fiducia, di amore.

Marino Niola

Marino Niola, antropologo, dice che se un tempo si diceva “siamo ciò che mangiamo”, oggi siamo ciò che non mangiamo: vegetariani, vegani, senza sale, olio, uova. Ci suddividiamo in tribù alimentari ciascuna con le proprie ossessioni, credenze, astinenze. Di che cibo sei? L’antropologo ci spiega come religioni, diete e tribù alimentari, abbiano trasformato l’alimentazione in una forma di ascetismo laico, e l’etica in dietetica. Dice Niola “La dieta è diventata una condizione dell’essere, è la dieta che ci identifica. E’ una forma di prescrizione morale. Si verifica il passaggio da etica a dietetica. C’è una revisione del corpo che viene caricato di ascetismo, di precetti, è una forma di religione, una fede fatta di penitenza laicale.” Il cibo per l’antropologo diventa un modo per affermare la propria differenza, la propria identità. Succede che gli altri possono diventare nemici perché diversi e quindi si tende a giudicare ma così diventiamo settari. Si tende infatti attraverso il cibo ad andare contro l’altro, la tavola diventa disunione e non unione. “Le diete – dice Niola – sono religioni del corpo fatte di rinunce e purificazione”.

Andrea Riccardi

Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, nell’incontro “Il pane e la parola. Cos’è la solidarietà” afferma che la fame, oltre che di cibo, è anche questione di relazioni. Insieme al cibo ci vogliono le parole. “Il povero, oltre al pane – secondo Riccardi – ha fame di parola e di conversazione, c’è in lui un desiderio di esistere”. La tavola è importante così come il mangiare insieme alla stessa tavola, perchè può unire. Ma attenzione, può anche dividere in quanto è proprio a tavola che si fanno evidenti le diversità. “Mangiare insieme vuol dire riconoscersi dello stesso mondo e della stessa famiglia. Il pane può evidenziare distanze e divisioni oppure fraternità. La tavola è la prova della fraternità, è anche vicinanza e parola”.

Per Neruda – dice Riccardi – il sapore del pane è quello di una terra condivisa. Il pane è di tutti.” Così come dovrebbe essere la parola da condividere, da accogliere senza preclusioni di alcun tipo.

Abbiamo qui riportato solo alcuni dei tanti e interessanti interventi.

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