Elementari a Carpi negli anni ’70 del ‘900
3° appuntamento con le storie di scuole a Carpi.
In continuità con gli anni precedenti, continuò lo spopolamento delle campagne per cui vennero chiuse le scuole Due Ponti-Cavata, Budrione Valle, Villa Benassi, Gruppo e Zappiano.
Nel contempo continuava l’inurbamento e diventava sempre più necessaria la costruzione di nuove scuole. Nacquero così le Pascoli di via Berengario, Le Giotto (allora conosciute come Area Crotti) nella via omonima, Le Verdi in via Boves, le Don Milani in via Martiri di Fossoli, La Bollitora situata in via Lanfranco (intitolata anni dopo S. Pertini) e da ultima nel decennio le Rodari in via Cuneo.
Nello stesso decennio anche a seguito dei fermenti sociali e culturali nati alla fine degli anni ’60, prese forma il superamento del vecchio doposcuola che manteneva una visione assistenziale e si cominciò a parlare della possibilità di dare inizio al tempo pieno, per la realizzazione di “attività integrative e di insegnamenti speciali”, consentite dalla Legge n.820 emanata nel ’71.
Nell’ottobre del ’72 in Comune deliberò di assumere gli insegnanti necessari al “doppio organico” e cioè due insegnanti per classe per coprire l’orario di 40 ore settimanali. Nel tempo pieno perciò metà degli insegnanti risultarono statali e l’altra metà comunale.
Inoltre il Comune assunse anche i cosiddetti “animatori” che affiancarono gli insegnanti con laboratori teatrali, musicali, fotografia e grafica. Nacque il tempo pieno a Bollitora e Budrione, e successivamente a Cibeno Pila, Fossoli, Verdi, Cuneo. Ma fu nella scuola Bollitora che si sperimentarono fin dall’inizio le innovazioni più avanzate e partecipate. Sotto la guida del direttore didattico Lelio Stentarelli si cercò di attuare una pratica didattica che metteva al centro la ricerca didattica, l’antinozionismo, e il contrasto alla selezione scolastica. Inoltre molte classi attuarono l’adozione alternativa al libro di testo. In alcune scuole si innovò anche rispetto alla valutazione, non effettuata più coi voti sulla pagella ma con informazioni e descrizioni sul processo di apprendimento, anticipando così di fatto la legge di qualche anno dopo.
Il tempo pieno voleva essere sia servizio sociale che rapporto educativo nuovo e non fu sempre facile sostituire il modo tradizionale di fare scuola attraverso la lezione.
E’ opportuno aggiungere che alla base della visione pedagogica che sosteneva il tempo pieno vi era anche una nuova visione del bambino, non più considerato tutto “fantasia e sentimento”.
I Programmi emanati nel ’55 non risultavano più adeguati alle nuove visioni pedagogiche e sociali ma fu necessario attendere il 1985 per avere i nuovi.
Non risultò sempre facile l’interazione fra insegnanti statali, comunali e animatori. La Bollitora fu comunque per quasi tutto il decennio la scuola che tentò di aprirsi alle innovazioni educative e didattiche più avanzate, anche se era oggettivamente difficile che tale modello fosse generalizzabile.
Nel settembre del ’75 furono 43 le classi impegnate nel tempo pieno in tutto il comune.
Ma anche nelle scuole che non avevano introdotto il tempo pieno, gruppi di insegnanti proponevano l’insiemistica in matematica, oppure veniva introdotta in qualche caso la grammatica strutturale, mentre cominciava ad essere abbandonato il metodo globale per l’apprendimento della lettura e della scrittura perché ritenuto di più difficile apprendimento.
In quegli stessi anni sotto la forte spinta dei genitori e degli studenti vennero rimodulati gli organismi della partecipazione scolastica. Nel ’74 furono emanati i Decreti delegati; anche nella nostra realtà nacquero i Consigli di Circolo e di Istituto che comprendevano le diverse componenti. A livello territoriale venne eletto il Consiglio scolastico di Distretto costituito dalle diverse componenti scolastiche, politiche e culturali dei Comuni di Carpi e Novi. Nacquero inoltre le assemblee dei genitori e i Consigli di Interclasse.
Con una legge del ’77 gli alunni handicappati (allora venivano definiti così) vennero inseriti per la prima volta nelle classi comuni, seguiti per alcune ore anche da insegnanti specializzati.
Da quell’anno pertanto cominciarono a chiudere le classi differenziali (per alunni svantaggiati), le scuole speciali e gli istituti per minori ciechi, per sordomuti o con altri handicap.
Alla fine dello stesso decennio si cominciò a studiare un diverso modello organizzativo, quello della “programmazione curricolare”, di derivazione anglosassone improntato ad un tipo di organizzazione aziendalistica, in parte presente ancora oggi nelle scuole.
Alla fine del decennio la scuola elementare carpigiana, rispetto all’immediato dopoguerra, aveva cambiato profondamente volto. Si era dotata di molti nuovi edifici ed era stata al centro di un rinnovato interesse culturale e sociale al quale, per la prima volta, anche i genitori avevano potuto far sentire la loro voce.