Don Milani e i suoi ragazzi. Ho pianto di gioia e di rabbia
Leggendo “LETTERA A UNA PROFESSORESSA”
Quest’anno ricorre il centenario della nascita di Don Lorenzo Milani, figura complessa e rivoluzionaria che ha, nella sua breve vita, lasciato un’importante eredità, che ancora oggi è motivo di dibattito e confronto.
Per comprendere meglio il suo pensiero ho pensato di leggere uno dei suoi libri, scritto in collaborazione con i suoi ragazzi di Barbiana: “Lettera a una professoressa”. Un libro a dir poco geniale!
Più mi addentravo nella lettura e più mi sentivo perplessa, disorientata, addolorata ma anche ammaliata e affascinata, ho pianto di gioia e di rabbia.
Lo scritto potrebbe sembrare una risposta nata sull’onda emotiva della rabbia per la bocciatura di alcuni ragazzi della classe contadina.
Potrebbe sembrare una rivendicazione della lotta sociale tra poveri e ricchi.
Potrebbe sembrare una denuncia degli studenti creativi che mal si adattano ai rigidi programmi Ministeriali.
Potrebbe sembrare tante cose a seconda della sensibilità del lettore.
Ma, alla fine che cosa chiede la scuola di Barbiana ai professori e alla scuola italiana? Che vedano i loro studenti, che li ascoltino, che li conoscano e che diano a loro l’istruzione sufficiente e necessaria per diventare uomini sovrani che sappiano vivere in piedi, consapevoli del loro valore e della loro dignità, per non essere più timidi e muti di fronte al ricco padrone.
Il libro è scritto da ragazzi per altri ragazzi e i loro genitori. E’ composto in modo volutamente semplice, ma per nulla infantile o superficiale. Non è solo un’analisi attenta e minuziosa dell’offerta formativa della scuola e delle sue mancanze verso gli allievi più fragili; ma anche un vivaio di proposte e soluzioni. E’ un aiuto a chi vive e cresce nella convinzione che il modo di istruirsi sia solo uno, ad aprire i propri orizzonti e dare un nuovo significato alla parola “cultura”.
A cinquantacinque anni dalla prima pubblicazione della “Lettera a una professoressa”, com’è cambiata la scuola italiana? Come spinge quei ragazzi che per nascita o immigrazione vivono in un ambiente poco stimolante ad amare il sapere? Gli studenti che anche oggi si perdono, come vengono invogliati a riprendere e proseguire il loro percorso di studi?
Queste e altre domande sorgono spontanee leggendo il libro di Barbiana, come anche riflettere e dare una risposta.
Sarebbe bello se assieme a “Un sacchetto di biglie” e a “Il barone rampante”, anche “Lettera a una professoressa” fosse consigliata dai professori ai loro studenti come lettura estiva.