Amori in corso Fanti. A Carpi
Ovvero Via di Porta Mantova
Anche se sono nato in periferia, precisamente in una via che non aveva neppure un nome proprio, cioè prolungamento di Via Sbrillanci, la mia vita è legata al passato dei miei avi che, in questa strada – Corso Fanti – hanno vissuto per più di centocinquant’anni.
Dalle ricerche genealogiche fatte insieme a mio cugino Giorgio, risulta che il 3 Maggio 1859, un mese prima della caduta dell’ultimo governo Estense, Domenico Antonio Orlandi firmi la domanda per ottenere il permesso di risiedere in Carpi precisando che non sarà di aggravio alla comunità in quanto lavorerà come garzone nel panificio di Giberto Benetti e della moglie Beatrice Gibertoni titolare dell’esercizio. Allega alla domanda la certificazione del parroco di Cibeno: “certifico che il mio parrocchiano è persona di buoni costumi tanto morali che politici” e quella del Commissario di Polizia di Carpi :”Non apparisce aggravio di sorta a carico della condotta morale e politica di Orlandi Domenico”. Il 12 Gennaio 1860 Beatrice, nel frattempo rimasta vedova, fa domanda al Sindaco di Carpi per trasferire la licenza di esercizio del forno a Domenico Antonio (honny soit chi mal y pans) che nel 1968 fa a sua volta domanda al Sindaco per avviare una fabbrica di paste da minestra e attivare l’esercizio di forno con vendita di pane, farine, biade, risi e altro nella casa di Via Porta Mantova n°5 (oggi Corso Manfredo Fanti n°32 ). La famiglia di Domenico e di sua moglie Assunta Foresti è molto numerosa: nove figli, cinque femmine e quattro maschi tra i quali mio nonno Umberto nato nel 1881, e Giuseppe, detto Peppino, che diventato professore di inglese vivrà a lungo in Inghilterra dove pubblicherà uno dei primi vocabolari di inglese-italiano (ancora in commercio su ebay al modico prezzo di 10 euro) con relativa grammatica . Umberto sposa Marianna Lugli nel 1906 e da loro nascerà mio padre Gino che nel 1940 conduce in sposa mia mamma Derna, andando ad abitare giusto dove sono nato io nel 1941.
Da bambino mio padre, alla vigilia di Pasqua e Natale mi portava a far visita agli ultimi discendenti Orlandi rimasti in quella casa. Mi ricordo che all’ultimo piano abitavano Marcella e Elisa, una delle due resa cieca dal vaiolo, e al primo piano l’Olga e la Lidia entrambe nubili. Era una visita di rito per tutti gli Orlandi – cugini, nipoti, pronipoti- e le rispettive consorti: un modo per ritrovarsi, scambiarsi le ultime novità, sentirsi parte di quell’antica famiglia che aveva calpestato quei pavimenti per tanti lustri. Con la morte delle due sorelle e degli altri componenti anziani del gruppo, quel prezioso rito, inevitabilmente, cessò; però mi è rimasto un ricordo caro e struggente conservato fino alla mia gioventù, giusto fino alla fine degli anni 50 quando il destino portò in quella via i miei interessi personali.
In quegli anni, in Corso Fanti, erano attivi molti esercizi commerciali – non esistevano ancora i supermercati che li avrebbero spazzati via in pochi anni-, e tra questi, una drogheria, un negozio di biciclette, un ristorante.
I gestori di queste tre attività avevano ognuno una figlia, rispettivamente nate nel 1942, nel 1943, e nel 1944, guarda caso tutte fanciulle mature per provare a intrecciare i primi amori. E con chi se non con un ragazzo del 1941 che bazzigava da queste parti?
Però è andata male: con la figlia del droghiere per l’opposizione dei suoi e soprattutto delle sue ricche zie di Modena dove lei studiava in collegio, con la figlia del venditore di biciclette per troppa passione. Ma il peggio è capitato con la figlia del ristoratore: questa me la sono sposata.
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